Grazie alle ricerche svolte nell’arcipelago di La Maddalena dalla Società Geografica Italiana nel 1956, sono stati rinvenuti, principalmente presso Cala Villa Marina sull’isola di Santo Stefano, reperti riferibili con certezza all’uomo neolitico. Per l’archeologo Giovanni Lilliu, che del gruppo di studio faceva parte, i ritrovamenti hanno rappresentato la conferma della teoria del trasporto di ossidiana dalla Sardegna verso Toscana, Provenza e Liguria.
Successivamente, i materiali archeologici ritrovati nel tafone d’abitazione di Cala Corsara sull’isola di Spargi hanno dimostrato che l’arcipelago, trovandosi lungo la via di commercio deIl’ossidiana e della selce, è stato frequentato con una certa assiduità dal Neolitico antico fino in Età nuragica.
La rotta sul canale della Maddalena fu trafficata dai Fenici, dagli Etruschi e dai Greci. Le fonti al riguardo sono scarse, ma non vi sono dubbi sul fatto che i popoli del Mediterraneo dediti alla navigazione abbiano solcato il mare tra la Sardegna e la Corsica.
I Romani attraversavano le attuali Bocche di Bonifacio per trasportare le merci dall’Italia alle terre occidentali occupate da Roma e viceversa. I ritrovamenti sottomarini a conferma dell’intenso traffico sono numerosi. Il più importante è rappresentato da una nave affondata tra il 120 e il 110 a.C. sui fondali in prossimità dell’isola di Spargi. I reperti, riportati alla luce grazie ad un’importante campagna di archeologia subacquea, sono custoditi a La Maddalena nel museo archeologico navale ‘Nino Lamboglia’, chiuso al pubblico da molti anni. Indizi che necessiterebbero di approfondimenti fanno ipotizzare l’esistenza sulle isole di basi-appoggio romane per la sicurezza delle navi in transito e per il controllo delle merci trasportate (olio, vino, grano, vasellame, ecc.).
La toponomastica e le rappresentazioni cartografiche delle isole nella storia, a partire da Plinio il Vecchio e Tolomeo per arrivare al Fara (a cui si deve l’uso della denominazione Magdalena, anche se non se ne conoscono le origini) e al Della Marmora (a cui si deve la denominazione Arcipelago della Maddalena), sono costellate da insidie. Mi limito a ricordare che dai Romani le isole erano denominate Cuniculariae, quantomeno Budelli, Razzoli e Santa Maria, e che più tardi i Genovesi le battezzarono Isole dei Caruggi. Entrambe le denominazioni erano probabilmente riferite agli stretti bracci di mare che separano le isole. Stessa motivazione potrebbe avere il toponimo medioevale di Isole dei Budelli, utilizzato nei documenti riguardanti i primi abitanti certamente stabili sulle isole: un pugno di eremiti che vivevano nel monastero di Santa Maria sotto l’ordine di San Benedetto.
È plausibile, sulla scorta di alcuni documenti ecclesiastici del Duecento riferiti al monastero di Sant’Angelo in Porcaria, che alcuni eremiti benedettini risiedessero anche sull’attuale isola di La Maddalena. Nel Lo compasso de navegare, documento pisano del XIII secolo, l’isola veniva indicata con il toponimo ‘Porcaira’, anche se non è mai stata documentata con certezza l’esistenza del monastero.
Bisogna attendere fino alla seconda metà del ‘600 per avere notizie di una nuova presenza certa e stabile nell’arcipelago. Un ristretto gruppo di pastori provenienti dalla vicina Corsica si trasferì nella zona interna di La Maddalena, principalmente tra Guardia Vecchia e la Trinita, e nella parte centrale dell’isola di Caprera. Questi primi abitanti costituirono per diverso tempo un rarissimo esempio di seminomadismo marittimo. Durante l’estate, infatti, i pastori rientravano in Corsica per definire i rapporti contrattuali con i proprietari degli animali e per registrare le nuove nascite e celebrare i matrimoni nella parrocchia di Bonifacio.
Nel ‘600 le isole erano frequentate stagionalmente anche da alcuni corallari che pagavano i tributi alla Repubblica di Genova, ma sappiamo poco sui luoghi della loro permanenza. Probabilmente facevano base a Bonifacio, ma non è da escludere che sostassero anche nell’arcipelago di La Maddalena, forse a Cala Napoletana o forse a Spalmatore, dove avrebbero potuto trovare riparo e acqua.
L’interesse politico-amministrativo per le isole del Nord Sardegna iniziò ufficialmente nel 1730, quando il Re Vittorio Amedeo II, su proposta del Viceré di Sardegna, impose un canone d’affitto (che non risulta essere stato mai pagato) ai pastori corsi, come atto di riconoscimento della sovranità sull’arcipelago.
Il 14 ottobre 1767, oltre 250 anni fa, poco prima che la Francia subentrasse a Genova nel controllo della Corsica, il regno di Sardegna occupò militarmente le isole maddalenine, che al tempo erano denominate Isole Intermedie. Sulla scorta delle relazioni del vassallo Allion de Brondel, inviate al Maggiore La Rocchetta, sappiamo che nella primavera di quell’anno sulle isole vivevano, più o meno, 185 ‘abitatori’ (114 a La Maddalena’ e 71 a Caprera).
Lo sbarco armato assicurò definitivamente al Re il possesso delle isole del Nord Sardegna e generò un’aspra contesa diplomatica e accademica con la Francia, che acquistò l’appellativo di “Questione de La Maddalena” e che culminò negli scontri bellici del febbraio del 1793, a cui prese parte il giovane Napoleone Bonaparte. La strenua difesa degli abitanti, alleatisi nel frattempo con il Regno, contribuì alla cacciata dei Francesi e rappresenta ancora oggi un momento fondamentale per l’identità della comunità isolana.
Per delineare i primi rapporti tra i militari e la “tribù” (così il Maggiore De Roquette aveva definito la comunità di pastori corsi nella sua lettera indirizzata al viceré Hayes il 21 gennaio 1768), riporto quanto scritto dal De Nobili nella sua relazione del 1775: “Gli abitanti sono di un indole piuttosto pieghevele, e, venendogli fatto conoscere il loro stato presente, assai inferiore da quello che potrebbero divenire, insinuandogli oltre di ciò i mezzi più adeguati e propri per introdurvisi, mi do a vedere che piegherebbero di buon animo…”.
Una curiosità: la frase ‘Viva chi vince’, che secondo il comandante De Roquette avrebbero pronunciato i pastori corsi di fronte al contingente militare d’occupazione non trova riscontro e, secondo alcuni, è una bufala. Vero è che i pastori corsi, al momento dell’incontro con i militari sardi, nel 1767, consegnarono, un documento di protesta contro l’occupazione delle isole da parte del Regno di Sardegna. Documento predisposto preventivamente dal Cancelliere Scotto e custodito nell’Archivio di Stato di Cagliari.
Ricordiamo che il nostromo maddalenino Domenico Millelire fu insignito della medaglia d’oro al valor militare per essersi distinto nella difesa dell’isola di La Maddalena contro gli attacchi della squadra navale della Repubblica francese. Secondo l’Ufficio Storico della Marina Militare, quella di Domenico fu la prima medaglia d’oro al valor militare, ma, sulla base di un’attenta ricostruzione documentale (Almanacco Maddalenino III del Co.Ri.S.Ma – Comitato Ricerche Storiche Maddalenine), Salvatore Sanna sostiene che le prime due medaglie d’oro sarebbero state conferite in realtà ad Agostino Millelire (fratello di Domenico) e a tale Laghè di Villafranca per un combattimento navale contro uno sciabecco tunisino avvenuto nelle acque dell’arcipelago nel 1787.
Negli anni successivi, dopo il tentativo di occupazione da parte dei Francesi respinto dai soldati del Regno e dagli ‘isolani’ corsi, La Maddalena visse un eccezionale momento di crescita e gli abitanti (che nei documenti ufficiali iniziano a essere definiti appunto ‘isolani’ e non più ‘pastori’) si diedero in brevissimo tempo un assetto amministrativo con l’istituzione del Bailo delle Isole Intermedie nel 1777, affiancato subito dopo da un Consiglio Comunitativo, composto da tre persone, che nel 1778/79 (?) nominò al suo interno il primo Sindaco.
Nel 1780 iniziarono i lavori di costruzione della nuova chiesa alla ‘marina’ (la prima era stata costruita nel 1768 nella zona interna dell’isola La Villa-Collo Piano) e cominciò a delinearsi l’assetto urbanistico intorno a Cala Gavetta.
https://arcipelagolamaddalena.wordpress.com/2021/01/04/cenni-storici-sulla-chiesa-maddalenina/
Nel 1794 gli abitanti raggiunsero le 867 unità grazie a diverse componenti etniche che diedero vita ad una popolazione variegata e predisposta all’accoglienza. Oltre ai pastori di origine corsa e ai militari piemontesi, contribuirono alla crescita del paese alcune famiglie sarde dedite all’agricoltura e all’allevamento, marinai (ricordo che l’ingegner Cochis nella sua relazione del 1777 scriveva che a Cala Gavetta erano presenti “12 baracche che provengono dalli stessi marinari de’ Regi legni guardacoste”), ma anche pescatori, avventurieri, padroni marittimi, commercianti e una piccola componente di stranieri.
Appartiene a questa fase storica la costruzione dei primi forti dell’arcipelago con l’intento di difendere il territorio dagli attacchi francesi e dalle incursioni piratesche.
Il momento di crescita venne successivamente alimentato dalla decisione dell’ammiraglio barone Giorgio Andrea Des Geneys di stabilire a La Maddalena la base navale del Regno sardo-piemontese per la felice posizione geografica dell’arcipelago e per l’apporto che gli abitanti isolani avrebbero potuto offrire alla causa. La Regia Marina è nata a La Maddalena.
In quegli stessi anni imperversava nell’arcipelago la pratica del contrabbando di merci e informazioni, che sopravvisse per molti anni tra Corsica e Sardegna .
Nei primi anni dell’800, il numero degli abitanti crebbe rapidamente fino alle 2.000 unità.
Per rendere l’idea di quale fosse la condizione della comunità ‘maddalenina’ rispetto all’autorità governativa militare, riporto la risposta che venne data nel 1811 al Consiglio Comunitativo in relazione all’istanza di protesta per l’uccisione di due uomini da parte dei soldati: “…non dovevate sotto qualunque pretesto unire le vostre voci a quelle inconsiderate del popolo;…il dovere vostro è di parlare al popolo coll’esempio della vostra sottomissione ed intiera ubbidienza alle leggi e al Governo…”
A partire dal 1814 venne costruita una chiesa più grande nella posizione della precedente, ma dopo il 1815, anno in cui la base marittima venne trasferita a Genova, sopraggiunse la prima crisi della comunità isolana. Nel 1821 gli abitanti scesero a 1.600 unità e, negli anni successivi, iniziò ad incidere significativamente la componente rappresentata dalle famiglie dei pescatori, provenienti oramai quasi esclusivamente da Ponza e Pozzuoli. I ponzesi si concentrarono intorno a Cala Gavetta (u molu), mentre i puteolani si stabilirono a Bassa Marina, nell’attuale via Amendola.
Nel 1843 i terreni demaniali vennero ripartiti tra i capifamiglia tramite estrazione a sorte.
Nel 1845, ai tempi del Regno di Sardegna, fu attivato il Faro di Razzoli. Già da allora illuminava lo Stretto di Bonifacio in combinazione con i fari di Capo Testa (attivato nello stesso anno) e con i preesistenti fari francesi. Nel vecchio faro vivevano, in condizioni di estremo isolamento, le famiglie dei fanalisti dedite alle attività agricole, pastorizie e di pesca. Lo scopo della loro esistenza sull’isola era quello di alimentare, con olio di oliva e successivamente con acetilene, la fiammella della lanterna.
https://arcipelagolamaddalena.wordpress.com/2021/11/21/il-vecchio-faro-di-razzoli/
Nel 1881, a testimonianza della costante crisi in atto, venne istituita la Società di Mutuo Soccorso, con la finalità di “indicare all’uomo la via di poter porgere aiuto al suo simile senza degradarne la dignità.”
Nel 1887, in un contesto politico caratterizzato dalla Triplice alleanza, il giovane Stato italiano emanò una legge per autorizzare spese straordinarie per la costruzione di una moderna piazzaforte militare nell’arcipelago di/de La Maddalena. Appartengono a questo periodo le grandi fortificazioni ‘nascoste’ lungo i profili delle alture, come quelle dei Colmi e di Nido d’Aquila o quelle di Poggio Rasu e di Arbuticci, e tutta una serie di opere quali caserme, banchinamenti, scali, dighe, magazzini, polveriere e alloggi.
Richiamata dalle imponenti attività militari, la popolazione superò le 16.000 unità nella prima metà del ‘900 (dato riferito alla popolazione presente e non a quella residente), con una rilevante presenza di sardi trasferitisi in particolare dalla Gallura e dal Sassarese.
Di importanza fondamentale per la comunità fu l’apertura dell’Arsenale, che divenne una straordinaria fonte occupazionale e diede impulso alla nascita della ‘frazione’ Moneta (‘Cantiere’). Aperto nel 1891, vide impiegati fino al 1910 numerosi forzati accanto ai civili. A seguito dell’arrivo dei primi operai specializzati vennero costruite le “Case operaie” nel quartiere Vaticano e, in pochi anni, la frazione si espanse, costituendo, per molto tempo, una comunità a se stante rispetto a quella maddalenina, ma con la stessa divisione interna tra zona militare e zona civile. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Arsenale visse per due volte l’esperienza del bombardamento.
Contribuiva alla composizione della variegata società maddalenina anche una nutrita schiera di scalpellini provenienti da diverse regioni d’Italia. Tra l’800 e il ‘900 nella cava di Cala Francese, sull’isola di La Maddalena, e più tardi anche in quella di Villa Marina, sull’isola di Santo Stefano, vennero estratte grandi quantità di granito utilizzate non solo a La Maddalena, ma anche per la realizzazione di opere in diverse parti del mondo e in alcune grandi città italiane.
Parallelamente all’incremento demografico ed economico, nacquero, al tempo della piazzaforte militare, una serie di strutture e infrastrutture civili che avrebbero caratterizzato l’assetto urbanistico di La Maddalena per molti anni, fino ai giorni nostri.
Per comprendere il ruolo strategico ricoperto dall’arcipelago di La Maddalena alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, riporto uno stralcio del “Promemoria sulla piazza di Maddalena” scritto dall’allora Capo di Stato Maggiore: «Deve essere tenuto presente che la possibilità, per la flotta di giovarsi di Maddalena, è d’importanza vitale per la difesa marittima dello Stato, perché è questa la sola posizione che consente, per la doppia uscita e per la sua ubicazione, di contrastare il dominio del Tirreno e del Mediterraneo occidentale contro una flotta superiore… (nello stesso documento si apprende della possibilità di un attacco francese all’Arcipelago)… La sua funzione strategica è dunque assai diversa da quella delle nostre basi; non è un centro di rifugio, ma è una posizione di manovra senza possibili sostituzioni; con inferiorità di forze mobili e senza l’appoggio di Maddalena le nostre sorti sul mare dovrebbero considerarsi grandemente precarie».
Dopo la prima guerra mondiale, la piazzaforte maddalenina, fino ad allora inutilizzata, venne ulteriormente potenziata con nuove fortificazioni mimetiche, costruite questa volta ‘dentro’ il granito delle isole per essere invisibili anche agli aerei.
Si tratta delle batterie localizzate nelle zone più periferiche dell’arcipelago con funzioni antinave o antiaerea, come Candeo e Messa del Cervo a Caprera, Spalmatore e Guardia del Turco a La Maddalena o Zanotto e Petrajaccio a Spargi, ma anche di vedette e punti sparo disseminati un po’ ovunque lungo le coste e sulle vette delle isole. Per la cronaca, nel 1913 venne attivato anche il faro di Punta Filetto sull’isola di Santa Maria per agevolare l’ingresso nell’Arcipelago.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’arcipelago fu teatro di scontri, sia a terra che a mare, durante i quali persero la vita molti uomini. Sin dal 1940 la popolazione venne evacuata in vari centri della Gallura e la comunità fu segnata brutalmente dal conflitto bellico. Il 13 Settembre 1943 La Maddalena fu teatro di uno dei primi atti di resistenza nazionale ai tedeschi che, all’indomani dell’armistizio dell’8 Settembre, avevano occupato la piazzaforte.
Alla fine della guerra, il pesantissimo “Trattato di pace tra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate” impose il ridimensionamento della piazzaforte sarda e, negli anni successivi, La Maddalena precipitò verso una crisi economico-sociale che non si è arrestata neppure durante la Guerra Fredda, quando l’isola di Santo Stefano ha ospitato contemporaneamente il deposito munizioni NATO, tutt’oggi esistente e gestito dalla Marina Militare Italiana, e la base-appoggio per l’assistenza ai sommergibili statunitensi a propulsione nucleare.
A metà degli anni cinquanta, prima dell’inizio della crisi dovuta all’esito disastroso della Seconda Guerra Mondiale, risultavano attive a La Maddalena 6 scuole elementari, 4 scuole secondarie, un avviamento professionale, un istituto magistrale, un ginnasio-liceo e una sezione staccata dell’istituto nautico. Esistevano cinque sale cinematografiche, sale da ballo, case di tolleranza, il campo sportivo, l’ospedale militare, le case popolari e il mercato civico.
Il centro cittadino, con i suoi palazzi civili e militari, con il lungomare, le piazze, i vicoli e le scalinate, era animato da negozi e botteghe tra i più attivi in Gallura. Per questa ragione, qualcuno affibbiò a La Maddalena l’appellativo di ‘Piccola Parigi’.
Da una visione d’insieme delle vicende storiche moderne si comprende che gli avvenimenti che più hanno inciso sull’identità dei maddalenini sono riconducibili a questioni diplomatiche internazionali generate dall’interesse rivestito in passato dalla posizione strategica dell’arcipelago di La Maddalena nello scacchiere del Mediterraneo.
C’è però da sottolineare che, a partire dalla seconda metà dagli anni ’50, sono stati realizzati nell’arcipelago i primi investimenti turistici della Gallura: il Village Magique di Caprera; l’albergo ESIT ‘il gabbiano’ in riva al mare; l’Hotel Excelsior nel lungomare del centro storico della ‘Città.
Mi fa piacere ricordare che più di cinquant’anni fa, nel 1967, nacque il Centro Velico Caprera (CVC), per volontà della Lega Navale e del Touring Club Italiano, con il patrocinio della Marina Militare Italiana. Il celebre attore Gian Maria Volonté, maddalenino d’adozione che volle essere sepolto nel cimitero dell’isola, ne fu istruttore.
Nel 1980 il Ministero dell’agricoltura ha istituito la Riserva naturale orientata Isola di Caprera.
Nel 1994 è stato istituito, con legge dello Stato, il Parco Nazionale dell’Arcipelago de/di La Maddalena, l’unico parco nazionale ad avere confini coincidenti con quelli di un solo comune. La nascita dell’area protetta è stata preceduta dalla firma dei ministri dell’ambiente italiano e francese per avviare la creazione del Parco Marino Internazionale delle Bocche di Bonifacio e dell’Arcipelago di La Maddalena, anche allo scopo di inibire il transito delle petroliere nelle Bocche.
Nel 2008, La Maddalena è stata designata dal Governo italiano quale sede del summit del G8, al fine di riconvertire l’economia delle isole in chiave turistica in considerazione della chiusura della ‘base’ statunitense per l’assistenza ai sommergibili a propulsione nucleare e dell’ulteriore costante ridimensionamento delle attività della Marina Militare Italiana. Lo spostamento dell’evento all’Aquila voluto da Berlusconi e le correlate vicende giudiziarie della ‘cricca’ sui lavori dell’Ex Arsenale e dell’Ex Ospedale militare sono tristemente note ai più.
Concludo, con un pizzico di orgoglio maddalenino, ricordando che, oltre a Napoleone Buonaparte e al Des Geneys, altri personaggi storici hanno frequentato l’arcipelago:
- Horatio Nelson, che nei primi anni dell’Ottocento prescelse le isole come base navale per controllare la flotta francese nel Mediterraneo. “La Sardegna possiede alla sua estremità settentrionale il più bel porto del mondo,” scrisse, con Trafalgar alle porte, nella corrispondenza ufficiale. E scrisse anche “Se noi possiamo possedere la Sardegna non avremo più bisogno nè di Malta nè di altro… In breve essa copre l’Egitto, l’Italia e la Turchia… Se io perdo la Sardegna, perdo la flotta francese.” E anche “Prevenire è meglio che curare,” quasi certamente suggerendo l’occupazione militare delle isole, dal momento che nello stesso passo afferma di non ritenere opportuno farsi scrupoli per il povero Re di Sardegna. Presso il museo diocesano, attiguo alla chiesa di S. M. Maddalena, sono conservati due candelieri e un crocifisso in argento che Nelson regalò alla parrocchia di La Maddalena.
- Giuseppe Garibaldi, che visse tra la macchia mediterranea dell’isola di Caprera diversi anni della sua travagliata esistenza risorgimentale. La casa bianca, pare riscattata con il contributo di alcuni inglesi presenti a La Maddalena, la tomba in granito, le barche e tutti gli beni utilizzati per le attività quotidiane fanno parte del Compendio garibaldino, museo tra i più visitati d’Italia. La lunga permanenza di Giuseppe Garibaldi a Caprera ha inciso profondamente nella cultura locale e ha contribuito a dare notorietà all’Arcipelago oltre i confini regionali. Poco distante dal Compendio, è aperto al pubblico anche il Memoriale Giuseppe Garibaldi, che ha sede nel forte ottocentesco di Arbuticci, ristrutturato in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dall’Unita d’Italia.
- Benito Mussolini, che, dopo un paio di rapide visite di regime alla piazzaforte maddalenina, trascorse un mese di ‘prigionia’ nella bellissima villa del viceconsole inglese James Phillipps Webber.
Testo e foto Marco Leoni
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Ho trovato il messaggio. Ho corretto e integrato la sintesi storica. è faticoso dare il giusto peso ai periodi e alle cose che si decide di scrivere. se ti viene qualche dubbio fammi sapere.
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Bellissimo l’articolo pubblicato in Senza categoria ,interessante come Cenni storici – culturali sull’arcipelago di La Maddalena . La lettura dell’articolo e’ Il miglior regalo per l’anniversario dei 250 anni alla città di La Maddalena .
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La ringrazio. Mi fa molto piacere il suo giudizio.
Se avesse voglia di scrivere un intervento sullo sviluppo urbanistico a La Maddalena in questi 250 anni, mi piacerebbe pubblicarlo all’interno di questo sito e farlo girare su fb.
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Si, ci sto pensando!!!!
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